Sorge questo dubbio avendo letto quanto pubblicato dal quotidiano locale “Il Piccolo” il giorno 25 luglio scorso nella pagina intera riservata alla visita del Console Generale degli Stati Uniti a Milano Mr. Robert Needham e il cui passaggio relativo all’argomento trascriviamo integralmente dall’articolo dell’intervistatore Stefano Giantin:
“D: Trieste ha un ruolo geopolitico importante. Che importanza ha la città per gli Usa?
“R: Le nostre relazioni con Trieste sono senz’altro molto importanti e produttive, ma penso che la vera questione sia la rilevanza di Trieste per l’Italia. Siamo consapevoli dell’importanza dei porti per l’economia e la sicurezza nazionale. Trieste, come Genova, è anche importante per quanto riguarda le relazioni economiche tra Italia e Stati Uniti. Ogni investimento estero nelle infrastrutture strategiche italiane è motivo di preoccupazione nel momento in cui questi investimenti mettono a repentaglio il controllo dell’Italia su questi asset fondamentali. L’Italia e gli Stati Uniti sono alleati NATO, e ospitiamo militari nelle basi italiane. Condividiamo sistemi di sicurezza ed armamenti. Siamo il più grande partner commerciale dell’Italia al di fuori dell’Unione Europea. Per questo speriamo che, quando si tratta di investimenti nel Porto di Trieste, vengano effettuate valutazioni attente sul potenziale economico e sui rischi per la sicurezza quando questi progetti coinvolgono partner stranieri, particolarmente quelli che non condividono gli stessi valori democratici e la stessa attenzione ai diritti umani dell’Italia”.
In effetti negli highlights all’articolo (che riportiamo a seguire) il concetto espresso dal Console viene leggermente e involontariamente interpretato dando un valore “strategico” per gli interessi nazionali a Genova e Trieste mentre nel virgolettato il concetto si riferisce ai porti nazionali in generale.
Le infrastrutture
“Trieste ha un ruolo rilevante non solo per l’Italia, ma anche per gli Stati Uniti, ha spiegato Needham, che ha citato in particolare la funzione cardine del porto per l’economia ma anche per la sicurezza nazionale. Da cui la necessità di valutare con attenzione gli investimenti provenienti dall’estero, come quelli cinesi, per evitare che “asset” importanti finiscano in mani straniere. In capitali che «non condividono gli stessi valori democratici”.
È noto a tutti che il traffico di Trieste è in massima parte destinato all’estero europeo ed al territorio limitrofo regionale ma molto poco al traffico nazionale.
Che Trieste avesse ricoperto un ruolo strategico essenziale in passato è ben noto, specialmente dopo la Seconda Guerra Mondiale quando divenne il polo meridionale terminale della Cortina di Ferro fra il mondo occidentale guidato dai vincitori USA e quello orientale guidato dalla parimenti vincitrice Unione Sovietica che in particolare aveva importanti mire espansionistiche territoriali e ideologiche specialmente in Europa.
A tal fine, infatti, fu allora creato il Territorio Libero di Trieste con sottoscrizione di tutte le potenze vincitrici.
Successivamente le vicende storiche e geopolitiche hanno portato alla “messa a riposo” di tale Istituto che tuttavia, giuridicamente, non risulta essere mai stato formalmente abolito.
Trieste e la sua provincia appartengono al territorio italiano con tutte le obbligazioni e diritti connessi anche se il Prefetto di Trieste mantiene tuttora anche il titolo di “Commissario Generale” (del Governo per il territorio di Trieste).
Rientrando ora nei termini “portuali locali” che ci competono (in tal senso intendiamo il termine usato nell’articolo di “infrastrutture” che evidentemente non si riferiscono alle infrastrutture logistiche di pertinenza dell’amministrazione centrale di Roma come, per esempio, le reti ferroviarie etc.), ricordiamo che tutto il porto è area demaniale dello Stato che quindi per sua definizione non può essere alienata ad altri soggetti.
C.C. Art.823: I beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. Spetta all’autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico. Essa ha facoltà sia di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso regolati dal presente codice.
Inoltre, la Legge 84/94, nel testo in vigore, disciplina puntualmente all’ Art.18 i criteri relativi al rilascio, sorveglianza, controllo ed eventuale revoca delle Concessioni da parte delle Autorità Portuali (*) “le aree demaniali e le banchine comprese nell’ambito portuale alle imprese di cui all’articolo 16, comma 3, per l’espletamento delle operazioni portuali”
(*) ovvero nel caso di Trieste l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale.
Infine, lo stesso Codice della Navigazione in vigore norma all’Art. 36 le Concessioni demaniali.
Si evince quindi che lo Stato tramite i suoi organi amministrativi ed esecutivi ha tutti gli strumenti per valutare i rilasci delle concessioni demaniali mantenendo anche la prerogativa di revocarle qualora il concessionario non rispetti i termini complessivi originari (*) sui quali la concessione stessa era stata consentita.
(*) tra i quali sarà certamente inclusa qualsiasi attività contraria agli interessi dello Stato o non in linea con i suoi interessi strategici
Si conclude quindi che nessun “rischio” di quelli paventati nell’intervista possa semplicemente rendersi concreto nell’ambito portuale territoriale triestino ma anche italiano in generale.
Per quanto attiene invece all’attività commerciale abbiamo già affrontato l’argomento nella precedente Newsletter ma non riteniamo che le affermazioni del Console si riferiscano a queste attività tanto più che la cinese Cosco dispone di almeno 3 terminal nei principali porti della costa pacifica degli Stati Uniti senza che, per quanto sappiamo, alcuna Authority statunitense, FMC in primis, che è l’organo federale (“regulartory body”) che sovraintende alle “port facilities througout the United States that are owned by either state, local or private entities”, abbia nulla da eccepire sullo stato dell’arte anche considerando che l’Alleanza presieduta dalla Cosco (Ocean Alliance) trasporta sul Transpacifico il 40% e sul Transatlantico il 20% del traffico container vitale per l’economia americana.
Citiamo che sempre la Cosco (tramite una sua Società terminalistica) ha in esercizio in joint ventures a Long Beach (California), ma anche a Los Angeles e Seattle – porti strategici di movimentazione merci USA sul Pacifico – terminal dedicati e di grosse dimensioni (Long Beach 14 gantry cranes ovvero il doppio del Molo VII).
Ma forse Trieste sta diventando per gli USA più “importante” e attenzionata di questi siti di casa e a questo proposito cogliamo nell’ intervista un passaggio molto interessante che si riferisce ai collegamenti fra Trieste e gli Stati Uniti.
Trieste, come Genova, è anche importante per quanto riguarda le relazioni economiche tra Italia e Stati Uniti”
Esiste infatti un progetto per indirizzare determinati flussi di traffico unitizzato sia regionali e locali che europei su Trieste ed ottenere la massa critica per avviare in prospettiva un servizio diretto container settimanale con i porti USA della costa atlantica.
Ovviamente allo stato dell’arte tale opportunità potrebbe venir colta solamente dai Consorzi che servono già Trieste ovvero 2M (Maersk e MSC) oppure Ocean Alliance (Cosco & partners).
Sarebbe veramente curioso che proprio la Cosco (ma non crediamo accada anche se tecnicamente possibile) proponesse tale servizio!
Da ciò si potrebbe dedurre che la presenza commerciale di un soggetto cinese così ben radicato nei principali porti strategici della costa pacifica degli States non rientri nella “black list” accennata dal Console Generale come benchmark per Trieste anche perché Cosco ed i suoi partners dell’Alleanza muovono dalla Cina circa 12 milioni di TEU all’anno essenziali per l’economia USA.
Cionondimeno, leggendo l’indicazione da un altro aspetto, si può dedurre che Trieste, più che per l’Italia, ha assunto e potrebbe assumere ulteriormente una sua particolare e specifica importanza strategica, pur se commercialmente assieme agli altri due porti dell’ Adriatico Nord Orientale Koper e Rijeka, per tutto il movimento merci dei paesi del Trimarium (che sono Austria, Bulgaria, Croazia Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia) oltre che per la Germania, paesi tra l’altro tutti (eccetto la neutrale Austria) recenti membri della NATO “allargata ad Est” dopo la caduta del Muro e dissoluzione del Patto di Varsavia ed oggetto degli attriti crescenti con la Federazione russa, ma anche membri del Cooperation between China and Central and Eastern European Countries (China-CEE, China-CEEC, anche 16+1, dal 2019-2021 17+1 e attualmente 14+1 dopo la recentissima uscita di Estonia e Lettonia) una iniziativa originata dal Chinese Ministry of Foreign Affairs to promote business and investment relations between China and 16 (now 14) countries of Central and Eastern Europe (CEE, CEEC): Albania, Bosnia and Herzegovina, Bulgaria, Croatia, the Czech Republic, Greece, Hungary, Montenegro, North Macedonia, Poland, Romania, Serbia, Slovakia and Slovenia.[1][2][3].
(in grassetto i Paesi membri di entrambi gli accordi)
Come si vede la situazione è molto più che dinamica e ciascuno dei contendenti globali tende a fissare i paletti territoriali in maniera decisa sia in Europa che in Asia.
Che Trieste ritorni ad avere per gli USA una valenza analoga a quella dell’immediato dopoguerra non ci sembra allo stato dell’arte (ancora) dimostrabile anche per i diversi e mobili “limes” attuali fra gli schieramenti.
Che tuttavia possa rappresentare un hotspot strategico tale da giustificare una sottolineatura e controllo anche marcata da parte degli USA simile a quella esercitata nel dopoguerra è parimenti non dimostrabile ma perlomeno da citare e considerare.
In tal caso lo sviluppo del Molo VIII potrebbe trovare una accelerazione per la gestione di traffici molto più significativi degli attuali.
Uguale discorso anche per il progetto della “Piattaforma Ungherese” nell’ area ex Aquila (Adria Port Hungary).
Parimenti i collegamenti sia stradali che – specialmente – ferroviari, anche transfrontalieri, dovranno essere attentamente valutati e pianificati per evitare potenziali colli di bottiglia nei prossimi anni.
Le conseguenze della guerra ucraina impongono questi ragionamenti specialmente in connessione ai legami economici difficilmente solubili che si sono creati con la globalizzazione dei traffici dalle fonti di produzione alle aree di consumo e che sono gestiti, come traffici marittimi, dalle tre grandi Alleanze che controllano all’ 85% le due linee principali con Europa e Stati Uniti.
Gli attori globali puntano a ritagliarsi un posto nella spartizione del mondo non più unipolare ma pluripolare con un braccio di ferro che non può avere né vincitori né perdenti pena il collasso interno degli attori stessi.
La Russia che dipende in maniera determinante dalle sue forniture di energia all’Europa ed alla Cina,
La Cina che non si può fermare e che non può permettersi che l’Europa e gli USA si fermino pena il suo collasso interno.
La Germania (leggi l’Europa) che non può inimicarsi la Cina (ma nemmeno gli Stati Uniti!) e men che meno la Russia per evitare il collasso interno ma che deve produrre e produrre, con l’energia russa, per esportare verso USA e specialmente Cina.
Gli Stati Uniti che non possono permettersi di strozzare la Cina, ma nemmeno la Russia perché così strozzerebbero indirettamente anche l’Europa che a sua volta strozzerebbe la Cina ma soprattutto se stessi che paradossalmente, nonostante la straripante ed indiscutibile potenza finanziaria e militare, sono i più “deboli” di tutti per i loro cogenti problemi interni….e così via…
Trieste può diventare quindi un polo strategico importante in questa partita globale estremamente complessa ed incerta e dovrà continuare ad attrezzarsi dal punto di vista logistico in maniera adeguata e aderente alle mutevoli opzioni ed opportunità che potrebbero presentarsi nel prossimo futuro ed i cui benefici possono e devono essere colti e condivisi dall’ intera Regione FVG.