Abbiamo letto un interessante articolo tecnico (tratto da un report di Bimco) su una nota testata quotidiana di settore online del giorno 5 maggio inerente possibili modifiche (riduzione) delle velocita delle navi portacontainer impiegate nei servizi transoceanici fondamentali ovvero Transpacifico, Far East Europe e Transatlantico.
Una prima conferma di tale iniziativa è stata data dalla Maersk con un comunicato ai clienti di data 15 maggio scorso
L’articolo riporta dati molto puntuali ma anche molto tecnici dei quali forse una buona parte dei non addetti direttamente ai lavori (e intendiamo programmatori di servizi di linea container) può non afferrarne le conseguenze.
Dobbiamo necessariamente ricordare quali sono i parametri e i meccanismi operativi che impongono ai servizi oceanici delle regole che possiamo definire ferree.
- La toccata settimanale a data fissa
- Il numero di navi impiegate sulla singola stringa
- La necessità di avere navi di prestazioni e capacità omogenee per ciascuna stringa
- I porti capolinea e quelli di toccata fissati per ogni singola stringa
Questo per quanto riguarda la parte armamento.
Con i terminal dei porti di toccata vanno quindi concordate le “windows” durante le quali la nave in ogni singolo porto avrà la disponibilità di banchina e quindi la possibilità di effettuare le sue operazioni commerciali. Le “windows” vanno rigidamente rispettate in quanto fuori dalle stesse la nave non avrà la priorità di banchina e di pronta operatività e le stesse devono ovviamente essere anche rigidamente allineate e compatibili con i criteri generali sopra elencati .
Ovviamente il servizio dovrà anche offrire al carico competitività sia di tariffe che di affidabilità, ma soprattutto di transit time rispetto alla concorrenza.
Ultima ma determinante nota che forse è la più complessa da spiegare:
Un servizio con queste caratteristiche che sono assolutamente imperative deve in primis rispettare la regola del “7” (trattandosi normalmente di servizi settimanali a data fissa)
Ovvero, non appena impostato un porto capolinea (home-port) la stessa nave deve poter tornare allo stesso in 14 giorni (servizio con 2 navi), 21 giorni (servizio con 3 navi), 28 giorni (servizio con 3 navi) e così via.
Per esemplificare, i Servizi Europa-Far East usano generalmente parametri 7×7=49 gg, 7×8= 56gg 7×9= 63gg di rotazione TAT, Turn Around Time.
Come si può osservare, i vincoli operativi sono strettissimi e molteplici.
Quindi se vengono prospettate modifiche alle velocita di servizio l’unica maniera per applicarle è la riduzione dei porti intermedi di toccata della singola stringa, oppure le seguenti alternative:
- l’inserimento di ulteriori unità in esercizio nella stringa considerata
- un accorciamento delle stringhe, che però richiede un aumento del numero delle stesse per assicurare il servizio dai porti che sono stati sacrificati.
- l’allungamento della stringa, che però causa un netto peggioramento del transit time.
- l’utilizzo maggiore dei porti hub e del trasbordo su feeder per la distribuzione sui porti esclusi o di seconda fascia.
- una combinazione di tutti questi elementi che comunque richiedono modifiche nel numero di navi impiegate.
In conclusione, una rivisitazione dei paradigmi che hanno sostenuto lo shipping mondiale e della sua crescita esponenziale che ha garantito l’esplosione economica del mercato internazionale nel periodo del globalismo e del consumismo estremizzato.
Fine quindi del mito del “transit time” estremizzato e considerato come essenziale costi quel che costi?
Troppo presto per affermarlo, anche perché se a questo tema aggiungiamo quello già trattato o perlomeno impostato relativo allo scioglimento del consorzio 2M, si potrebbe determinare a cascata anche un diverso assetto per le altre due Alleanze, ma soprattutto un aspetto che stiamo monitorando con grande attenzione ovvero il calo del trasportato sul Transpacifico (ma in misura meno importante anche sull’Europa registrato nell’ultimo semestre (quarto trimestre 2022 + 1 trimestre 2023), quindi lo scenario diventa potenzialmente inquietante.
In conclusione, una volta di più, l’andamento dello shipping mondiale rappresenta un fondamentale termometro per valutare lo stato di salute e gli orientamenti dell’economia mondiale.
È evidente che, se gli USA importano dalla Cina il 20% in meno, lo stesso discorso vale anche specularmente per la Cina che esporta. (Effetto reshoring o crisi sistemica dei consumi dopo la bolla post Covid?) Prematuro anche qui trarre delle conclusioni affrettate
Ma abbiamo già detto che la Cina non può permettersi una crescita inferiore al 3% annuo se vuole mantenere tutti gli obiettivi che si è posta.
Riprenderemo l’argomento a presto quando le acque si saranno un po’ più calmate.
Foto di copertina di Tom Fisk da Pexels