La Strategia nazionale per l’idrogeno sarà presentata il 26 novembre 2024. È quanto dichiarato dal ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin intervenendo all’evento sul progetto SoutH2 Corridor organizzato da Confindustria e Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE).
È ormai una convinzione piuttosto diffusa tra leader aziendali europei e principali associazioni di settore che, nei prossimi anni, l’idrogeno verde occuperà un ruolo da protagonista nel contesto della transizione green.
Ecco, quindi, che progetti come SoutH2 Corridor assumono una rilevanza particolare, sia perché offrono un’occasione unica per accelerare l’implementazione di tecnologie e infrastrutture necessarie, sia perché smuovono ingenti capitali pubblici e privati per il finanziamento dello sviluppo dell’idrogeno rinnovabile.
Nel realizzare tale progetto, tuttavia, è necessario tenere a mente le criticità del contesto nazionale ed europeo – come i costi elevati di produzione – al fine di tutelare la competitività del Sistema-Paese e del tessuto produttivo dell’UE.
È quanto è emerso nel corso dell’evento organizzato da Confindustria e dal MASE – “Le imprese italiane e la sfida del SoutH2 Corridor”, che ha visto la partecipazione delle istituzioni e di molte associazioni di settore del sistema confindustriale, nonché di rappresentanti aziendali.
Cos’è il progetto SoutH2 Corridor e perché è importante
Fonte SoutH2Corridor
Il SoutH2 Corridor è un progetto transnazionale (inserito dal Governo nel Piano Mattei) per lo sviluppo di un’infrastruttura di trasporto dell’idrogeno che, con un gasdotto di 3.300 km, collegherà il Nord Africa, l’Italia, l’Austria e la Germania. Questa infrastruttura, il cui funzionamento dovrebbe partire intorno al 2030, connetterà i centri di potenziale consumo italiani e centro-europei abilitando l’importazione di idrogeno da fonti rinnovabili prodotto a costi competitivi (rispetto a quelli dell’UE) nell’Africa mediterranea, ricca di energia rinnovabile.
La caratteristica principale della pipeline che, partendo dal Nord Africa (Algeria e Tunisia) attraversa Italia, Austria e Germania, facendo transitare molecole verdi dai paesi del Maghreb verso il cuore industriale dell’Europa, consiste nel trasportare quasi 4 milioni di tonnellate di idrogeno verde all’anno ed il suo sviluppo è innestato sull’utilizzo di infrastrutture già esistenti, che costituiranno oltre il 70% del nuovo corridoio. È previsto, infatti, che queste vengano riadattate per il trasporto dell’idrogeno, per essere eventualmente ampliate con nuove infrastrutture dedicate, dove necessario.
Il consorzio di aziende che ha presentato il progetto include l’italiana Snam, insieme agli altri Operatori del Sistema di Trasmissione (TSO) dei Paesi coinvolti: Trans Austria Gasleitung (TAG) e Gas Connect Austria (GCA) in Austria, Bayernets in Germania. Mentre, Algeria e Tunisia costituirebbero le “sorgenti” dell’iniziativa, tanto a livello di produzione quanto di trasporto di idrogeno in Europa, dove la Transmed – gasdotto algerino – rappresenterebbe il blocco iniziale del nuovo idrogenodotto.
Lo sviluppo dell’opera dovrebbe avvenire in due fasi: nella prima verrà realizzata l’ossatura dell’idrogenodotto, costituita al 70% da condotte già esistenti e riconvertite, e per il resto da nuove tubazioni (in modo da non inficiare la capacità di trasporto di gas naturale). “Questo primo step consentirà di avviare l’esportazione di idrogeno verde dal Nord Africa verso l’Europa centrale, dove i mercati di consumo sono più maturi rispetto a quello italiano. Nella seconda fase, invece, verranno realizzate le connessioni tra la dorsale principale e i cluster industriali nazionali, che nel frattempo si saranno attrezzati per ricevere e utilizzare idrogeno come combustibile nei loro cicli produttivi” come spiegato dal Chief Commercial & Regulatory Officer di Snam Gaetano Mazzitelli, in occasione dell’incontro organizzato da Confindustria e MASE.
Tutto bene, dunque?
Il piano, sulla carta, sembra molto promettente ma per arrivare alla FID (Final Investment Decision) servono impegni di trasporto e richieste di capacità vincolanti su base pluriennale da parte dei futuri utilizzatori dell’infrastruttura, soprattutto nella prima fase. Saranno quindi necessarie – ha chiarito il manager di Snam – “opportune procedure di contrattualizzazione di capacità sul lungo periodo, che siano vincolanti e indipendenti dall’effettivo utilizzo”.
Intanto, sono in molti a chiedersi cosa freni la crescita dell’idrogeno globale.
Le criticità lungo il percorso di sviluppo degli investimenti nell’idrogeno sono molte, con diversi progetti, a livello europeo e non solo, che hanno dovuto affrontare ritardi e cancellazioni, a fronte di ostacoli finanziari, ritardi negli incentivi, incertezze normative, problemi di licenze, permessi e sfide operative.
E in Italia perché il mercato dell’idrogeno non decolla?
L’Italia, dal canto suo, avrebbe le carte in regola per giocare da protagonista nello sviluppo dell’idrogeno in UE, tenuto anche conto della leva del posizionamento geografico, che rende il nostro paese un nodo importante per l’importazione dall’estero – soprattutto dal Nord Africa – ma sconta ritardi e criticità di diverso tipo, quali:
- la mancanza di una strategia nazionale ufficiale,
- i vincoli imposti dal quadro normativo europeo, particolarmente impattante per il contesto italiano,
- le scadenze stringenti al 2026 per iniziative PNRR ad oggi non ancora in costruzione,
- la chiarezza delle procedure autorizzative, il recepimento tempestivo della normativa UE etc.
L’idrogeno verde, oggi, è ancora troppo caro, ed è per questo che molte imprese non hanno partecipato al bando PNRR per l’industria “hard to abate”. Ma infrastrutture come il SoutH2 Corridor possono aiutare la diffusione del vettore, proprio perché consentono di connettere centri di produzione, dove i costi sono più bassi, con i mercati di consumo energivori dell’Europa continentale.
Fa riflettere invece come sulla questione, di fronte al suddetto scenario, nessuno possa pensare davvero che nel 2030, in Europa, si consumeranno 20 milioni di tonnellate di idrogeno verde (di cui 10 milioni da importazione e 10 milioni da produzione), secondo i valori-obiettivo fissati dalla Commissione e ritenuti poco realistici dalla Corte dei conti Europea. Quindi quantità e tempistiche vanno ripensate, in relazione al suo costo e alla sostenibilità economica dell’idrogeno verde.
Nell’attesa di poter visionare il documento ufficiale – la Strategia Nazionale sull’Idrogeno –, documento programmatico necessario ad allineare gli obiettivi italiani sull’H2 alla Strategia europea sull’Idrogeno, la cui presentazione è prevista entro la fine di novembre, riteniamo che un’analisi ragionata su tutti i limiti riscontrabili sulla catena del valore dell’idrogeno, sia in Nord Africa che in Europa, sia dunque necessaria per intraprendere il percorso di sviluppo della pipeline in maniera razionale e sostenibile.