Doppio allarme del cluster logistico-portuale del Friuli Venezia Giulia

Nel mirino il nuovo Codice doganale e il declassamento della sede di Trieste dell’Agenzia delle Dogane

È stato appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 4 ottobre ed è stato immediatamente sommerso dalle critiche delle categorie del cluster marittimo-portuale.

Stiamo parlando del nuovo Codice doganale, ovvero del testo unico che dopo cinquant’anni raccoglie e semplifica tutta la normativa di livello nazionale che disciplina le operazioni doganali sulle merci in entrata ed in uscita principalmente nei porti nazionali.

In realtà, le categorie avevano manifestato le loro perplessità già sulla bozza del Codice ma, evidentemente, la stesura finale non ne ha tenuto alcun conto.

Piccata la reazione degli spedizionieri non solo a Trieste ma anche a Venezia e La Spezia, oltre a quella molto decisa del Presidente nazionale di Confetra Carlo De Ruvo, nonché quella di Fedespedi del 15 ottobre scorso.(https://www.fedespedi.it/riforma-della-normativa-doganale-rischio-accusa-di-contrabbando-per-le-imprese-e-danni-per-limport-export/ ) .

In particolare, viene aspramente criticata la previsione normativa che ipotizza il reato di contrabbando per qualsiasi dichiarazione “errata o infedele che riporti difformità su qualità, quantità, origine e valore delle merci, nonché ogni altro elemento occorrente per l’applicazione della tariffa e per la liquidazione dei diritti in modo non corrispondente all’accertato”.

La conseguenza immediata della richiamata fattispecie penale è, oltre all’applicazione della sanzione pecuniaria, anche la confisca della merce. Parimenti, anche nel caso di infedele o errata dichiarazione IVA per una differenza accertata di diritti superiore a dieci mila euro, la merce verrà posta sotto sequestro e verrà trasmesso alla Procura europea (EPPO) l’avviso di reato. Insomma, il pericolo concreto è quello del rapido instaurarsi di un clima da caccia alle streghe che avvolgerebbe tutti gli operatori della filiera logistica, inclusi trasportatori e magazzinieri, che per qualunque errore, anche veniale, in materia doganale potrebbero venir chiamati a rispondere del reato di contrabbando.

Il tutto aggravato dalla eliminazione, sempre operata dal Testo unico della legge doganale, di istituti come la controversia doganale o la possibilità della ripetizione delle analisi in fase di controllo che avevano lo specifico scopo di evitare il ricorso al giudizio penale e di facilitare il flusso delle merci, pur nel rispetto della normativa e dei necessari controlli doganali.

Ora tutto questo non esiste più e il nefasto effetto che a Trieste si teme è quello di assistere ancora una volta ad una “distorsione” dei traffici verso il porto di Koper o altri scali comunitari vicini dove si guardano bene dall’introdurre simili restrizioni normative. La sollevazione delle categorie a questo punto mira ad un unico obiettivo: l’abrogazione di tutte le norme contestate, pena non solo la richiamata distorsione dei traffici ma anche l’inevitabile perdita di rilevanti introiti a titolo di dazi doganali in un momento in cui, come noto, il bilancio statale è in forte sofferenza.

Il grido di lamento delle categorie del cluster marittimo-portuale a Trieste assume poi un carattere del tutto particolare a fronte dell’altra pesante nube che si addensa sull’operatività dello scalo giuliano, ovvero il prossimo trasferimento a Venezia di alcuni uffici-chiave dell’Agenzia delle dogane della sede di Trieste.

Anche in questo caso, le richieste di intervento da parte delle categorie interessate non hanno sino ad ora sortito alcun effetto. La possibile conseguenza è che l’operatività quotidiana del porto subisca pesanti rallentamenti dovendo aspettare da Venezia la soluzione anche dei più piccoli problemi correlati, tra l’altro, ad una tipologia di traffico, quella estero su estero, che è tipica solo della realtà triestina. Non solo. Andrebbe certamente annacquato il ruolo della sede di Trieste in relazione ai peculiari compiti attribuiti all’Agenzia delle dogane dal terzo comma dell’articolo tre del decreto di data 13 luglio 2017 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze, in ordine alla gestione dei punti franchi compresi nella zona del porto franco di Trieste.

In definitiva, ora la parola passa alle istituzioni a tutti i livelli affinché sia nell’un caso che nell’altro si proceda speditamente alla revoca di decisioni che appaiono irrazionali e fortemente penalizzanti non solo per il porto di Trieste, ma anche per l’intero sistema portuale nazionale.

(a cura di Mauro Zinnanti)