I nostri lettori ricorderanno che nel 2021 era stato pubblicato da Asterios Editore, a cura di chi scrive queste note, il libro Agli inizi del container. Il ‘Lloyd Triestino’ e le linee per l’Australia. Era scritto in italiano e in inglese, ci erano giunti anche contributi dall’Australia. Come al solito la stampa quasi non se ne accorse, ma abbiamo avuto la soddisfazione di ricevere un giudizio molto positivo da parte del massimo esperto a livello internazionale della materia, Marc Levinson, autore del best seller The Box. Lo presentammo con Zeno d’Agostino alla Stazione Marittima, mettendo in evidenza che avevamo utilizzato archivi fino a quel momento inesplorati, come l’archivio del C.I.S.Co. di Genova, ora riconosciuto patrimonio pubblico, che poteva dirci molto su come la nuova tecnologia di trasporto intermodale era stata recepita in Italia dagli operatori dal 1967 in avanti. Avevamo utilizzato l’archivio contenente i verbali del CdA del ‘Lloyd Triestino’, grazie alla cortesia di Italia Marittima. Ed era emersa tutta la complessità della “rivoluzione intermodale del container”, tutti i cambiamenti che in poco tempo hanno cambiato il volto delle banchine e anche i flussi di traffico.
Incoraggiati da questo successo, abbiamo deciso, con l’accordo dell’Autorità Portuale retta ancora da Zeno, di continuare il lavoro, mettendo a fuoco l’esperienza di un altro consorzio al quale la nostra compagnia di navigazione aveva partecipato, il cosiddetto MFECS (Mediterranean Far Est Container Service), che collegava Europa e Giappone. Un’esperienza molto diversa da quella delle linee container con l’Australia e, per noi triestini, molto importante perché gli itinerari toccavano anche il porto di Trieste, mentre nell’esperienza precedente dell’ANZECS (Australia New Zealand Container Service) l’unico porto italiano toccato era stato Genova. Questo per la semplice ragione che il canale di Suez era chiuso dopo la guerra arabo-israeliana del 1967 e quindi il Mediterraneo era rimasto quasi tagliato fuori dalla trade line Europa-Estremo Oriente-Australia, che doveva circumnavigare l’Africa.
Con il MFECS, partito nel 1973, cambia tutto, man mano che le nuove portacontenitori vengono costruite, la situazione politica allenta le tensioni e finalmente nel giugno 1975 si riprende la rotta via Suez e Trieste riacquista una sua centralità. Addirittura, l’Egitto manda a Trieste il suo ambasciatore a Roma qualche giorno prima, per portare l’annuncio della riapertura del canale ed i saluti di Sadat. Non solo, ma, mentre nell’ANZECS il ‘Lloyd Triestino’ era in una posizione marginale rispetto ai partner come Hapag Lloyd, P&O e simili, nel MFECS acquista un ruolo di prima grandezza, tanto che Michele Lacalamita, divenuto nel frattempo AD della compagnia al posto di Deveglia, viene nominato Presidente del consorzio. I partner più importanti sono i giapponesi, NYK e MOL, ci sono i francesi con Chargeurs Réunis, c’è l’Achille Lauro, che poi si ritirerà, c’è OOCL (Orient Overseas Container Line) cinese. In realtà all’inizio non tutto era filato liscio, anzi. Appena costituito il consorzio, scoppia la crisi petrolifera del 1973, il costo del bunker sale e mette in difficoltà i conti economici della traversata. In realtà la crisi crea uno sconvolgimento a livello mondiale, nasce una nuova potenza, quella dei grandi produttori di petrolio, Arabia Saudita ed Emirati Arabi in testa. L’aumento dei prezzi del carburante mette in crisi l’industria automobilistica, anzi, l’intero sistema della mobilità. È il periodo delle “domeniche senza auto” in Italia, che molti ricordano ancora. Le banche, in crisi di liquidità, restringono il credito, per di più l’Italia è percorsa da una conflittualità sindacale mai vista dal dopoguerra. Il governo decide di cambiare radicalmente la politica marittima, quella del sostegno alle linee p.i.n (di preminente interesse nazionale) e ordina al ‘Lloyd’ di chiudere entro tre anni le linee passeggeri. È la fine di una storia gloriosa che aveva più di un secolo di vita, ma è una scelta necessaria per salvare la società. I traffici con l’Oriente vanno bene, il riempimento delle navi è soddisfacente ma navi come la “Nipponica”, conferite dal ‘Lloyd’ al consorzio, sono delle turbonavi con consumi molto alti. Per risparmiare si riduce la velocità ma questo costringe a saltare delle toccate e a sacrificare interessi di certi clienti. Emerge, alla lettura dei verbali, il grande ruolo svolto da Michele Lacalamita nel guidare la compagnia in questa “procellosa” situazione, la sua autorevolezza a livello internazionale guadagnata a Londra in seno all’Associazione mondiale degli armatori, i suoi agevoli rapporti col governo a Roma come membro del Direttivo di Fedarlinea. Trieste, che ricorda tante figure sbiadite della politica o dell’irredentismo, potrebbe dedicare alla figura di Lacalamita il ricordo che si merita, o no?
MFECS, successivamente chiamato MAFECS (Mediterranean and Far East Container Service) dura fino al 1993, quando il Lloyd Triestino decide di stipulare l’accordo con Evergreen, che darà l’avvio al nuovo servizio denominato Medway, fatto che sarà poi seguito dall’acquisizione del ‘Lloyd Triestino’ da parte di Evergreen (1998) e dal cambio di nome in ‘Italia Marittima’ (2006). Ricostruire la sua storia significa ripercorrere un periodo cruciale non solo della storia del nostro paese ma della storia del mondo, il periodo della globalizzazione, della nascita e dello sviluppo del web (Internet Explorer di Microsoft nasce nel 1995), della caduta dell’Unione Sovietica e dell’affermarsi della Cina popolare. L’Italia cambia volto in quel periodo, nel 1992 le privatizzazioni pongono fine a un assetto economico nato con il fascismo, pongono fine a un’industria pubblica, di cui il ‘Lloyd Triestino’ ha fatto parte, che è sopravvissuta al fascismo e alla seconda guerra mondiale, creando delle imprese straordinarie – si pensi all’ENI di Enrico Mattei o all’Alfa Romeo di Luraghi o alla Banca Commerciale di Raffaele Mattioli. Dei giganti, rispetto ai grigi funzionari del capitale di oggi.
I collegamenti con il Giappone caratterizzarono certi consumi di prodotti di lungo periodo, che sono diventati oggetti insostituibili dell’arredo di quasi tutte le case degli Italiani, si pensi all’elettrodomestico bruno, impianti hi-fi, televisioni, su cui s’innestò la logistica di distribuzione (Bertola) che darà vita all’impetuoso sviluppo delle piattaforme logistiche di oggi. Sequenze che hanno cambiato il costume e che, seguite attraverso i traffici marittimi con il Giappone e il Far East permettono di scoprire lati nascosti o poco conosciuti della globalizzazione. Per il porto di Trieste il MAFECS ha significato il lancio definitivo del Molo VII, il suo ingresso nell’iconografia e nella mitologia della containerizzazione.
Purtroppo, questa ricerca sul MAFECS ha subito un forte rallentamento causa problemi di salute del sottoscritto, ma non si è fermata, grazie a testimoni privilegiati, che l’hanno portata avanti. Contiamo di finirla entro il 2025. (s.b.)
Foto di copertina di mrcolo da Pixabay