A fine maggio 2023 il presidente Recep Tayyip Erdoğan è stato rieletto ad un mandato quinquennale con il 52.1% dei voti, battendo largamente il rivale Kemal Kılıçdaroğlu che guidava una coalizione a sei partiti, esattamente 20 anni dopo la sua prima elezione nel 2003.
La vittoria è arrivata al culmine di una campagna elettorale svoltasi in un clima sociale caratterizzato da drammatici aumenti dei prezzi e un’opposizione coalizzata e coesa. I punti di scontro sono stati: le politiche economiche troppo espansive, l’utilizzo delle riserve valutarie.
Durante la prima settimana di giugno, il presidente Erdogan ha nominato il nuovo ministro delle finanze, Mehmet Şimşek, ma soprattutto ha nominato il nuovo capo della banca centrale turca, Hafize Gaye Erkan, esperta in risk management, ex banker presso Golman Sachs e First Republic, e PhD a Princeton in Financial Engineering. Il mercato si aspetta che la nuova governatrice raddoppi i tassi di interesse la prossima settimana, passando dal 8.5% al 17%. Di conseguenza l’aspettativa è che la lira si deprezzi almeno del 15% nei prossimi 12 mesi, dopo aver perso il 64% in due anni.
Il precedente governatore della banca centrale aveva tagliato i tassi dal 19% al 8.5% in due anni, innescando una acuta crisi inflazionistica e una domanda interna eccessiva che avevano messo la lira turca sotto forte pressione.
L’obiettivo ora è riportare la Turchia su un percorso economico sostenibile, che richiede però un forte deprezzamento della lira turca: nel periodo preelettorale era tenuta su artificialmente attraverso operazioni di acquisti sul mercato per 23 miliardi di dollari nel solo 2023. Un cambiamento repentino non sarà facile, viste le anomalie create dalle recenti politiche economiche troppo accomodanti del precedente governo Erdogan: tassi molto bassi, la volontà di difendere la lira turca nonostante l’inflazione galoppante, distribuzioni di gas gratuito, l’innalzamento degli stipendi minimi avevano provocato la fuga dei capitali esteri e creato squilibri macroeconomici profondi.
Erdogan ha dichiarato recentemente che la sua opinione [non convenzionale] è ancora che i “tassi alti causino più inflazione”, ma che lui permetterà ai componenti del governo tecnico e della banca centrale turca di intraprendere le misure che riterranno opportune per ristabilire valori accettabili di inflazione e bloccare la spirale inflazionistica in atto.
Tra le priorità figurano aumentare la competitività della Turchia e il suo export, e ridimensionare il deficit corrente, causato dalle troppe importazioni rispetto alle esportazioni: ad aprile 2023 il deficit ammontava a quasi 30 miliardi di dollari, il peggior valore mai registrato. Il deficit è stato finanziato in larga parte grazie le riserve di valuta estera della banca centrale, con una pericolosa politica di impiego delle riserve in valuta estera, al momento negative per 16 miliardi di dollari.
A cura di Donau Sviluppo S.r.l – Fonti: Seeking alpha Kaya, Goldman Sachs Research, Unicredit research, Financial Times, Sole24Ore, Morgan Stanley Research, JPM Research, Banca Generali, CNBC, Zeygos Research.
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Foto di copertina di Aydin Kira da Pexels